Michelangelo Buonarroti non era soltanto il più geniale artista del Rinascimento ma anche un sublime poeta dalla penna sofisticata e toccante che lascia intravedere, fra le righe, la sua anima più profonda. Nelle sue lettere, specialmente quelle scritte tra il 1532 e il 1564, emerge il ritratto di uomo tormentato, minuzioso, impaziente, caparbio, geloso e maniacale: in breve, compare il ritratto di artista problematico e profondamente umano, vittima del suo stesso amore. Del resto, è proprio l’amore vissuto come bruciante agonia che spinge Michelangelo verso un’arte caratterizzata da un’irrequietezza e da un’insoddisfazione lacerante. Vige in tutto il carteggio un senso di insoddisfazione e di impotenza verso un’arte che ha fallito nel rappresentare l’ideale di perfezione tanto ricercato dai suoi contemporanei. L’artista esprimerà il suo fallimento distruggendo tutti i suoi disegni, proprio perché cosciente che nessuno, dopo di lui, avrebbe saputo veicolare la sua visione del mondo.
Un incontro sconvolgente
Uno dei momenti più sconvolgenti per Michelangelo che possiamo apprendere dalle sue lettere è l’incontro con il giovane nobile romano Tommaso de’ Cavalieri. Questo personaggio, di cui non sappiamo molto, era nato intorno al 1510 a Roma e aveva origini fiorentine da parte della madre, figlia del banchiere Tommaso Baccelli. Aveva 23 anni quando incontrò Michelangelo durante un suo soggiorno a Roma, nel dicembre del 1532, quando l’artista ne aveva 57. Fu uno scultore, Pierantonio Cecchini, altro fiorentino residente a Roma sotto la protezione del cardinal Ridolfi, a presentare Tommaso al grande maestro, forse perché il giovane desiderava ricevere lezioni di disegno oppure semplicemente per poter incontrare di persona il più rinomato e abile artista dell’Italia del Cinquecento.
Qualunque sia la ragione dell’incontro, sappiamo con certezza che fu segnante per Michelangelo, tanto da scuoterlo nel profondo e condurlo a scrivere, l’indomani, una delle lettere più struggenti del suo intero corpo epistolare. Michelangelo, per motivare l’inizio di questa corrispondenza, paragona la sua decisione all’attraversamento di un corso d’acqua, “come se creduto m’avesse passare con le piante asciucte un picciol fiume”, che dapprima gli appare minuscolo e quindi facile da guadare, ma che poi, senza neanche accorgersene, diventa un mare tumultuoso e pericoloso: “l’oceano con soprastante onde m’è apparito inanzi, tanto che se potessi, per non esser in tucto da quelle sommerso, alla spiaggia ond’io prima partì volentieri mi ritornerei”. In questo attraversamento sicuramente fatale, Michelangelo sa di essere solo, isolato, e si prostra in totale sottomissione al suo amato. La fiducia verso un’impresa così ardua e che non aveva neanche lontanamente immaginato gli viene dalla convinzione di aver trovato il vero senso della sua stessa esistenza, cioè l’altra metà di sé, un’anima affine.
Amore platonico o carnale?
Purtroppo, Tommaso non la pensa così (o almeno non lo dimostra da subito). Nella sua risposta, il Cavalieri assume un tono cortese e distaccato, pur ricambiando le gentilezze di Michelangelo. Gli promette di andarlo a trovare presto se non fosse che “la fortuna, in questo solo a me contraria, vuole che hora che mi potrei godere di voi stia poco sano”. Il ricorso a una non ben precisata malattia offre a Tommaso la scusa perfetta per non incontrare Michelangelo poiché, senza dubbio, si sente turbato e, allo stesso tempo, attratto dall’audacia di questo ardito ultra-cinquantenne.
I due proseguono la corrispondenza e, nelle successive lettere, assistiamo a un cambiamento della scrittura sia nel linguaggio che nello stile. Le lettere di Michelangelo si fanno più gelose e possessive (quando va a Firenze, ha paura che Tommaso lo dimentichi e lo trascuri) mentre quelle di Tommaso assumono toni più caldi e amichevoli, quasi remissivi, che ci fanno sospettare che all’inizio della conoscenza il giovane abbia osservato le regole dell’amor cortese comportandosi da “donna corteggiata” e, come tale, ritrosa e schiva, ma che, una volta ceduto alla corte dell’amante, gli si concede in tutto e per tutto. Non a caso, Tommaso userà nelle sue lettere lo stesso repertorio simbolico e perfino le stesse parole di Michelangelo, accogliendo in sé il linguaggio dell’artista, in una specie di metaforica penetrazione poetica.
Affinità elettive
Non sappiamo se l’amicizia tra Michelangelo e Tommaso sia andata oltre il platonismo, perché le lettere furono date alle fiamme, anche se è lecito pensare che sia stato così. I curiosi di gossip scandalistici non troveranno, ahimè, soddisfazione perché non ci sono espliciti riferimenti nelle lettere in nostro possesso! Tuttavia, ciò che possiamo dire con certezza è che Michelangelo e Tommaso avranno uno scambio proficuo, creando una relazione di stima e di affetto reciproco. L’artista gli invierà disegni importanti e celebri, per i quali richiederà il suo giudizio, tra cui spiccano Il ratto di Ganimede, Il tormento di Tizio, La caduta di Fetonte e Il baccanale di fanciulli. Perfino il duco Cosimo I, nuovo sovrano di Firenze, circa trent’anni più tardi, scriverà a Tommaso per convincere Michelangelo a fornirgli almeno un’opera (visto che Michelangelo aveva rifiutato più volte il suo invito a tornare a Firenze) per il Libro dei disegni. Michelangelo, ovviamente, rifiuta e Tommaso è costretto, per non deludere Cosimo, a “privarmi di uno dei miei figliuoli”, cioè un disegno ora conservato nel Museo fiorentino di Casa Buonarroti raffigurante Cleopatra.
L’eredità di Michelangelo
Tommaso de’ Cavalieri sarà presente durante gli ultimi attimi della vita di Michelangelo, che si spense a Roma, nella sua casa di Macel de’ Corvi nel 1564. Il nobile romano si era sposato e aveva avuto dei figli, uno dei quali, Emilio, diventerà un affermato musicista, ma il rapporto con Michelangelo costituirà sempre un punto fermo della sua vita, contribuendo alla sua educazione sia come uomo che come fine intenditore d’arte. Nella stessa lettera a Cosimo che abbiamo citato sopra, Tommaso dà prova della sua erudizione proponendo al duca, oltre al disegno di Michelangelo, quello di una pittrice, Sofonisba Anguissola, che reputa “non solo bello ma d’inventione”, mostrando anche un’attenzione alla pittura femminile molto in anticipo sui tempi.
Evidentemente, il rapporto fra Tommaso e Michelangelo non fu soltanto un fuoco di paglia o una semplice amicizia, ma una relazione fra due menti affini, un legame di spirito e corpo. L’omosessualità di Michelangelo, che per secoli è stata occultata e censurata, ci appare, grazie al filtro della corrispondenza con Tommaso, una passione travolgente e incontrollabile. Noi contemporanei non possiamo fare a meno di contemplare l’eredità di questo artista inquieto e tormentato con assoluta meraviglia.
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