Qual è il futuro del turismo?
La pandemia ci ha costretto a ripensare al turismo e alle sue applicazioni su scala globale e ha, in un certo senso, posto interrogativi sulla natura stessa del turismo. In breve, ormai non possiamo fare a meno di chiederci: “Quale sarà il futuro del nostro turismo?”. Numerose istituzioni nazionali hanno posto la loro attenzione verso nuovi modelli di turismo sostenibile, in contrapposizione alle masse indistinte di persone che ogni anno si riversavano nelle nostre città generando quel movimento “mordi e fuggi” tanto criticato. Nonostante il ritorno economico che, indubbiamente, il turismo genera, gli analisti si sono chiesti quali siano i benefici a lungo termine di un flusso turistico che “consuma” il patrimonio artistico con la facilità con cui si prenota un tavolo al ristorante o si acquista un souvenir in una bancarella.
Se da un lato ci siamo accorti che le nostre città d’arte non possano sopravvivere senza turisti, dall’altro ci siamo posti questioni che riguardano gli aspetti più sociali del turismo di massa, quali effetti produce e come cambia il tessuto stesso della popolazione. Firenze, nel nostro caso, ha sofferto terribilmente dell’assenza dei turisti generando una vera e propria frattura – difficilmente sanabile nel breve termine – nel tessuto commerciale e imprenditoriale della città. Artisti, come JR con la sua monumentale installazione di Palazzo Strozzi intitolata, programmaticamente, La Ferita, ha messo in luce una verità sotto gli occhi di tutti, spezzando l’illusione di un ritorno alla normalità così come la conoscevamo.
L’esperienza pandemica ha, perciò, indentificato dei punti salienti nell’ambito della ridefinizione del turismo che sono stati esaminati attraverso numerosi convegni, webinar e tavoli di discussione. Al centro del dibattito, c’è stata una sensibilizzazione verso la de-centralizzazione dei flussi turistici che devono essere convogliati in maniera informata verso luoghi e percorsi lontani dai già saturi ambienti museali tradizionali ma non per questo meno interessanti. Sembra strano e quasi ridicolo pensare che dopo anni di pubblicazioni, serie TV e perfino film hollywoodiani che hanno generato un interesse mondiale verso le nostre città d’arte e i nostri più celebri capolavori (pensiamo soltanto ai romanzi di Dan Brown!) ora si decida di dirottare l’attenzione del pubblico altrove. Tuttavia, la sfida sarà proprio questa, cioè cambiare un processo che sembrava irreversibile prima della pandemia e costruire una nuova forma di turismo culturale consapevole e informato.
La figura della guida turistica
Per ottenere questo risultato, la figura della guida turistica professionale e qualificata a svolgere il servizio è di vitale importanza, poiché è l’unica figura davvero in grado di coinvolgere attivamente il turista e di condurlo verso percorsi tematici e itinerari di qualità. La categoria delle guide turistiche nazionali italiane, grazie soprattutto alle associazioni nazionali, è balzata agli occhi dell’opinione pubblica passando da una sorta di silenzio e una condizione di semi-invisibilità a una di centralità, seppur nell’ambito di una disastrosa crisi economica che ha investito ogni settore. Questa attenzione ha anche delineato un ulteriore profilo della guida turistica che è passata dall’essere una figura ancillare a diventare una protagonista del settore. Attraverso i social network, le guide hanno espresso punti di vista, valutato possibili alternative e creato, in sinergia con varie realtà pubbliche e private, nuove proposte elaborando, così, potenziali soluzioni al problema dell’overtourism.
Proseguire verso un percorso di affermazione di un nuovo turismo significa, perciò, abbandonare vecchi pregiudizi secondo i quali la professione di guida turistica non sia, appunto, un lavoro ma un hobby che più o meno chiunque, con un minimo di conoscenza della lingua straniera e un bagaglio nozionistico e aneddotico sulla storia e sull’arte, può intraprendere. Un pregiudizio, purtroppo, radicato non soltanto nell’opinione pubblica ma anche e soprattutto nel ceto intellettuale e accademico, che considera la figura della guida come addirittura responsabile della feticizzazione del prodotto artistico in quanto dipendente non tanto dalla qualità del proprio servizio quanto dalla quantità. In altre parole, più turisti sostano di fronte al David di Michelangelo o di fronte agli affreschi di Michelangelo della Cappella Sistina (senza per forza capire cosa stanno osservando), più le guide gioiscono e ne sono liete, visto il loro profitto. Le guide sarebbero, in questo senso, indirettamente responsabili dell’erosione culturale del nostro patrimonio.
Distruggere questi stereotipi è fondamentale non soltanto per la sopravvivenza della nostra categoria, ma anche per rivitalizzare un’industria che ha un disperato bisogno di trasformazione.
Il turismo LGBTQ+
Date le premesse, il turismo LGBTQ+ ha un ruolo fondamentale per la ricostruzione dell’intero settore per varie ragioni. I dati ci dimostrano che il nostro paese e il nostro patrimonio attraggono in misura sempre maggiore viaggiatori LGBTQ+, non soltanto nelle grandi città d’arte ma anche nel sud Italia, come per esempio in Puglia, che negli ultimi anni ha avuto una crescita enorme in termini di numeri e di miglioramento dell’offerta. Molti operatori del settore turistico italiano si sono già attivati per accogliere questo nuova “categoria” nella maniera più appropriata. Per farlo, tuttavia, occorre avere una conoscenza della cultura e della comunità LGBTQ+, una sensibilità e un’attenzione particolare ai loro bisogni e alle loro richieste, nonché provvedere a fornire un contesto sicuro sia nel viaggio che nel soggiorno. Purtroppo, il nostro paese è molto indietro rispetto al resto d’Europa sia in tema di diritti civili, nonostante le conquiste del Partito Democratico, sia in materia di espressione della propria identità svincolata da pregiudizi. C’è ancora chi, dalla destra conservatrice e retrograda, continua ad accusare il turista LGBTQ+ di “anormalità” e questo, oltre a essere intollerabile, è anche un danno enorme all’economia del settore turistico.
Il turismo LGBTQ+ ha tutte le caratteristiche per configurarsi come nuovo turismo in quanto:
- è inclusivo;
- ama l’originalità e i percorsi alternativi;
- predilige il contatto con la natura e i percorsi all’aria aperta;
- include la conoscenza – e non il consumo – dell’arte fra i suoi interessi;
- promuove una richiesta sempre diversa;
Potrebbe sembrare un’eccessiva generalizzazione, ma occorre considerare anche che il turismo LGBTQ+ è una novità nel panorama internazionale e, in quanto di nicchia, si è ritagliato uno spazio protetto in un mondo che ancora non lo accetta pienamente. Non c’è da stupirsi, quindi, se l’esperienza di viaggio LGBTQ+ sia definita da caratteristiche precise, che vanno conosciute e intercettate per poterne sfruttare a pieno le potenzialità.
Queer Tuscany Tours
Il nostro progetto si rivolge alla comunità LGBTQ+ e propone visite guidate approfondite su argomenti che riguardano la storia e la storia dell’arte da un punto di vista inclusivo e prismatico. Se c’è una cosa che ci ha insegnato il canone è l’assoluta necessità di rileggerlo da prospettive sempre nuove, al passo con i tempi, in modo che il patrimonio non rischi una sclerotizzazione che è la causa primaria di un consumo turistico che non produce nulla se non il mero ritorno economico ma che finisce, inevitabilmente, per impoverire il tessuto culturale.
Queer Tuscany Tours intende approfondire argomenti ancora poco affrontati dalla critica e quasi interamente assenti nell’ambito dell’attuale offerta turistica. Si tratta di percorsi tematici museali e urbani, sia nei grandi musei che anche in piccole, ma affascinanti e ricchissime, istituzioni ancora lontane dai percorsi del turismo generalista. Tra i nostri interessi, oltre alla ricerca dell’identità LGBTQ+ nei secoli e nell’arte, c’è il ruolo della donna nelle società e nell’arte del passato, la rappresentazione della diversità, la figurazione del male o del demoniaco attraverso i secoli, la rilettura biografica di personaggi illustri nel campo storico-artistico, la rappresentazione delle diverse etnie nella storia dell’arte, la storia della comunità ebraica e del Ghetto di Firenze.
Grazie all’interesse suscitato e alle collaborazioni istituite, ci auguriamo che il nostro progetto possa costituire un valido apporto alla ridefinizione del turismo nel nostro territorio e ci proponiamo di accogliere sinergie con tutti coloro che sono interessati. Siamo sempre aperti ad accogliere proposte e suggerimenti e, pertanto, invitiamo tutti a contattarci, seguirci sui nostri social network e iscriversi alla nostra Newsletter nella speranza di diventare un punto di riferimento per tutto il turismo LGBTQ+ e per tutti coloro che desiderano una società più inclusiva, tollerante e aperta!