La scultura di Benvenuto Cellini intitolata “Apollo e Giacinto” e conservata al Museo Nazionale del Bargello di Firenze è una delle opere Queer più eloquenti di tutto il Rinascimento italiano.

Ritratto di Benvenuto Cellini
Il gruppo ritrae Apollo, il dio greco delle arti e della medicina, insieme al suo amante Giacinto in un episodio descritto nelle Metamorfosi di Ovidio. Lo scrittore racconta che durante una battuta di caccia, Apollo ferisce accidentalmente il suo giovane amante e, non riuscendo a guarirlo, nonostante le sue doti prodigiose, lo trasforma in un bellissimo fiore, il giacinto, appunto, cosicché egli possa vivere in altra forma per l’eternità.

Apollo e Giacinto
Benvenuto Cellini narra questo struggente momento con sofisticata maestria e profonda eleganza.
Apollo è rappresentato in piedi, in posizione eretta, fiero e distante, mentre Giacinto è prostrato ai suoi piedi, nel momento in cui gli rivolge un ultimo, languido, sguardo di adorazione. La dinamica di dominazione/sottomissione che Cellini raffigura si inserisce nel più ampio contesto socio-culturale dell’amore neoplatonico rinascimentale, particolarmente diffuso nella Firenze medicea.
Il rapporto fra un giovane uomo e un ragazzo più giovane, analogo a quello fra un “erastes” e “eromenos” nell’antica Grecia, era, infatti, tacitamente accettato nella Firenze del Rinascimento e sanciva un momento pregnante nella transizione fra adolescenza e maturità in quanto si configurava come vero e proprio “rito di passaggio”.
Con superba invenzione, Cellini trasforma questo delicato momento in un capolavoro artistico denso di significati: così come Apollo, mentore e maestro, trasforma il suo allievo e amante Giacinto, donandogli tutta la conoscenza di cui ha bisogno, anche Cellini, neo-erastes, plasma giovani apprendisti e il trasforma in abili artisti in grado di celebrare, a loro volta, le complesse allegorie dell’amore neoplatonico.
L’opera diventa così metafora della creazione artistica e della vita stessa, un flusso in continua metamorfosi che si rigenera grazie alle continue fertilizzazioni dell’amore.
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